...il vento, le onde e le montagne, sono sempre dalla parte dei navigatori e scalatori più abili.



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Prima settimana                      Viaggio Diario  Press  Scrivi

Cadice (Spagna), 12 novembre 2006

36°32',431nord 6°17',044 ovest

Ancora a Cadice.

Dopo essere stati fermati da un mare forza 8 (inesistente) e da una tempesta con venti contrari a 40 nodi (ora scomparsa dai bollettini meteo) iniziamo a pensare che quei signori che fanno le previsioni siano più folli di noi. E così dopo una giornata di studio delle curve bariche, analisi dei porti marocchini dove rifugiarci in caso di tempesta, chiacchiere con gli altri velisti del porto, dopo un interminabile summit tra i due skipper mentre il resto della ciurma attendeva nervosamente la sentenza, si è deciso che domani si parte. Magari anche solo per ancorarci nella prossima baia, ma si va. In realtà finché non vedremo Margaux libera dagli ormeggi che ne imbrigliano l'istinto vagabondo, non ci crede nessuno.

Oggi, quando le più fosche previsioni meteo ci vedevano prigionieri a Cadice per settimane, si pianificavano viaggi immaginari verso Tangeri, prosecuzioni in autostop lungo la costa marocchina alla ricerca di imbarchi di fortuna per le Americhe. Ma proprio quando il morale dell'equipaggio era sotto i piedi, ecco che dopo la siesta in pozzetto si materializza Pier con il suo basso. Nel porto hanno iniziato a vibrare le note profonde del suo basso a sei corde. “Questo è l'ombelico del mondo...”, canticchiava Pier a torso nudo sotto il sole del pomeriggio. In verità a noi Cadice iniziava a sembrare il buco del culo del mondo, ma la canzone ha ridato fiducia alla ciurma.

Poco dopo è arrivato anche un bollettino meteo quasi favorevole: è la finestra meteo che cercavamo, hanno detto i velisti. Fosse anche la cruna di un ago, noi cercheremo di passarci dentro. E così domani si parte. Forse.

Ps: Pier lancia un appello alle naviganti: CERCASI FIDANZATA. Unico requisito richiesto, una totale, incondizionata, folle adorazione per Saturnino. Pare che anche Davide si associ. (Solo per la fidanzata dello skipper: parliamo di Davide2 non di Dabs).

Cadice (Spagna), 11 novembre 2006

36°32',431nord 6°17',044 ovest

Mare forza 8 al largo di Gibilterra.

La comunicazione della capitaneria di porto gela l'equipaggio di Margaux quando finalmente sembrava tutto pronto per partire. Affrontare un mare così incazzato sarebbe una pazzia troppo grossa anche per la barca dei folli.

Dabs e Bepi, gli skipper, hanno deciso di rinviare la partenza a domani mattina visto che le condizioni dovrebbero migliorare. E' difficile pensare di restare in porto proprio oggi che - almeno qui a Cadice - è stata la giornata più tiepida e tranquilla da quando siamo arrivati. Per tutta la mattina c'è stato giusto un alito di vento.

Dabs ne approfitta per infilarsi un paio di mutandoni arancioni coi quali si fa issare in testa d'albero per fare alcuni lavoretti all'antenna. E' stata provata anche la vela di trinchetta, modificata da un velaio locale per adattarsi meglio alle curve di Margaux.

Dopo pranzo Dabs si è anche assunto il gravoso compito di indottrinare la ciurma. La conferenza ha spaziato da argomenti come le procedure da seguire nel caso la barca sia sul punto di affondare (a Pier è stato espressamente vietato di portare il basso sulla zattera gonfiabile), a come si getta la carta igienica sporca fuori bordo.

Abbiamo scoperto anche che la principale causa di morte durante una navigazione ocenanica in barca a vela non sono i tifoni e neppure le balene, ma la pipì. Nelle notti in cui la barca fila spinta da un tiepido aliseo, dietro ti lasci una scia di acqua e plancton che pare fluorescente e sopra hai un soffitto di stelle, arriva la subdola tentazione: “adesso mi faccio una bella pisciatina fuoribordo invece che infilarmi giù nei bagni di sotto, dove si balla al punto che beccare la tazza e' impresa da cecchini”. Vietatissimo. Basta un attimo per scivolare in acqua dal parapetto e.... addio. Non a caso durante i turni al timone di notte si deve rimanere sempre legati in pozzetto con il salvagente addosso.

La mancata partenza, comunque, non ha fiaccato il morale dell'equipaggio. Anzi, su consiglio del nostro primario di bordo c'e' chi sta già riducendo le dosi di Valium.

L'oceano fuori si dimostra un'ottima medicina per l'oceano dentro.

Cadice (Spagna), 10 novembre 2006

36°32',431 nord 6°17',044 ovest

E' stata la sagoma, enorme, di un basso trasportato a spalle, e relativo amplificatore, ad annunciare che il resto della ciurma stava arrivando. Da oggi l'equipaggio della barca dei folli è al completo. Appena liberato dall'imballaggio lo strumento, Pier Gianni Burreddu si è lanciato in un primo concerto marino, “giusto per vedere se tutto funziona a dovere. Il basso è una delle mie tante manie”. Ma il vero colpo da maestra l'ha fatto Anita Detassis, la mamma della ciurma. Dalla valigia, insieme a caramelle e porcini secchi per i giorni duri, ecco una torta sopravvissuta al viaggio ma non alle fameliche fauci dei marinai-montanari di Margaux. Disponiamo anche di un primario, Renzo De Stefani che si è subito appisolato sul ponte sotto un tiepido sole spagnolo: a lui è affidata la salute psichica della barca dei folli, ma lui non sembra prendere l'incarico troppo sul serio. In compenso l'Azienda sanitaria l'ha dotato di una riserva di medicinali da curare un reggimento. Completano l'allegra combriccola Chiara Buccella e Roberto Saccardo.

Al pomeriggio Bepi e Dabs sono andati a fare la spesa. Su una barca la cambusa è una faccenda complicata: tutto deve essere calcolato e stivato nel modo corretto. Abbiamo bisogno di cibo per 6-7 giorni, fino alle Canarie. Così nella grande pancia di Margaux finiscono cassette d'acqua, pelati, pasta, carne, verdure, formaggi, biscotti e un sacco di altra roba. E' una sensazione tranquillizzante stivare il cibo che ci farà sopravvivere, anzi condurre una vita decisamente godereccia, nel mezzo dell'Atlantico. Domani, forse molliamo gli ormeggi. Ma la decisione spetta a Dabs e a Bepi che decideranno dopo aver ricevuto l'ultimo bollettino meteo.

Il morale della ciurma comunque è alto. “Dottò - dice Adriano ridendo - di questo passo torniamo a casa che ci fanno un Tso (trattamento sanitario obbligatorio, ndr) a tutti...”. Mentre Chiara punzecchia il primario: “Non sai che i calzetti bianchi per un uomo non solo eleganti!”.

Cadice (Spagna), 9 novembre 2006

36°32',431nord 6°17',044 ovest

Questa mattina tira una brezza tesa da nord-est. “Questo sarebbe il nostro vento....”, dice Bepi scrutando il mare. Tra un paio di giorni ci prenderà in braccio per accompagnarci verso le Canarie. La notte è filata via liscia e tiepida: la stanchezza e il lieve rollio hanno potuto di più del russare in tonalità trattore smarmittato di qualcuno dell'equipaggio.

La mattina oggi se ne è andata tra piccole incombenze quotidiane: stiamo cercando di sistemare le mille tecnologie di questa barca che, ovviamente, fanno i capricci. Per ora abbiamo problemi sia con Sail mail, il sistema di posta elettronica che viaggia via radio, sia con il telefono satellitare (dopo frenetiche consultazioni con l'Italia e prove con i più astrusi numeri pin e puk, si è scoperto che in realtà Bepi si era scordato di inserire la sim card...). Meglio dedicarsi al bucato, attività meno tecnologica ma non soggetta a incazzatura (sempre che le lenzuola non prendano il volo spinte da una raffica di vento come stava accadendo questa mattina). In cucina, invece, la collaborazione Davide lo skipper - in futuro Dabs - Adriano ha prodotto risultati prodigiosi: spaghetti al sugo di avogado e cozze Mahellan direttamente dagli scogli.

Cadice è una perla dimenticata nel sud dell'Andalusia. Noi la snobbiamo, rapiti dall'Atlantico che sfiora le sue vecchie mura. Ma la storia di questa città è legata all'oceano che portò prima i fenici, poi i romani, infine i fiumi di denaro che qui affluirono dopo la scoperta delle Americhe. Ma i palazzi barocchi che si affacciano su Calle Ancha raccontano una prosperità che non c'è più. Il mare porta solo container di passaggio e qualche barca di folli velisti sulla rotta verso la fine del mondo.

Cadice (Spagna), 8 novembre 2006

36°32',431 nord 6°17',044 ovest

Partiti.

La nostra avventura oceanica inizia tra le montagne del Trentino in una fredda notte di novembre. Siamo in quattro - Bepi Hoffer, Adriano Caccialepre, Davide Poli Stori, Sergio Damiani - avanguardia della barca dei folli che oggi raggiungerà Cadice. Il resto della ciurma ci seguirà venerdì. Nel porto spagnolo è ormeggiata Margaux, un diciotto metri a vela reduce da due settimane di navigazione in Mediterraneo con lo skipper Davide Mantovani. Ci aspetta: saremo noi a darle un'anima, a spingerla verso l'altro mondo.

Il furgone dell'Azienda sanitaria corre via nella notte, uguale a tutte le altre notti, eppure per noi così speciale. Cadiamo in un dormiveglia inquieto. A Bergamo ci sistemiamo a dormire in un hangar. Adriano, che la vita di strada l'ha conosciuta, scova dei cartoni e prepara dei giacigli. Riposiamo sdraiati a terra pensando al mare.

Albeggia quando finalmente saliamo a bordo del volo per Siviglia insieme a studenti in programma Erasmus, pensionati alla scoperta dell'Andalusia, immigrati marocchini che tornano a casa. Per Adriano è la prima volta su un aereo, ma in fin dei conti per tutti questo viaggio è una prima volta.

In Spagna ritroviamo l'estate. I servizi funzionano a meraviglia. La città è moderna, la gente indaffarata, il sole fa breccia tra le nuvole, anche se l'autobus è inondato da una radio che, a tutto volume, diffonde la voce di una donna talmente disperata da trasmetterti angoscia: non serve parlare spagnolo per capire che ha quattro figli e non sa come campare. Eppure alla stazione di Siviglia, dove i treni corrono interrati sotto volte di vetro e acciaio, concludiamo che la Spagna ci ha definitivamente sorpassati: il paese sgangherato, dove sui treni locali i contadini vendevano corone d'aglio e pomodori, dove consumavi birra, tapas e frittate di verdure per poche pesetas, dove generazioni di studenti dormivano col sacco a pelo in spiaggia o sotto le pensiline della stazione, non esiste più. Di veramente sgangherati in Europa ci siamo rimasti quasi solo noi italiani.

Cadice dal treno sembra il collo di una giraffa che si allunga verso l'Atlantico. Eccolo lì l'oceano, oggi tranquillo e protettivo come una madre. Per le prossime settimane sarà tutto il nostro mondo. Con un taxi corriamo verso il Porto America, dove è ormeggiata Margaux: da quando Cristoforo Colombo scelse Cadice come base per due dei suoi quattro viaggi verso il Nuovo mondo, qui quasi tutti vengono o partono per le Americhe. Il porto turistico è un nido ricavato tra cantieri navali e palazzi di containers multicolori pieni di scritte, spesso in cinese.

Davide, lo skipper, ci viene incontro sul pontile. Livornese, chioma al vento e sguardo diritto verso l'orizzonte, ci racconta degli ultimi giorni di navigazione attraverso Gibilterra e dell'arrivo a Cadice di notte, sotto la pioggia, con 20 nodi di vento. Margaux, che è una barca a vela da nababbi, in mezzo a navi a gru sembra un guscio di noce. La sua pancia, però, è ampia come quella di una balena. Ci sono cinque cabine, altrettanti bagni una cucina più attrezzata di quella di casa e troppi televisori, ma tanto in navigazione non funzioneranno. Sistemiamo le nostre cose incastrando nei cassetti calzini, macchine fotografiche, libri di Conrad e Baricco, magliette, computer e cerate. Alla fine oggetti e vestiti sono diventati un unico blocco marmoreo, destinato a rimanere fermo anche di fronte al più tempestoso dei mari. L'unico difetto è che se devi cambiarti le mutande ti tocca smontare l'intera costruzione, ma pazienza, a bordo il tempo non manca.

Ci godiamo l'ultimo sole in pozzetto mentre i rimochiatori traghettano enormi navi in porto. Stiamo tutti bene mentre sogniamo una cena a base di pesce nella città vecchia. Davide oggi sentiva una vocina: “Io la ignoro, faccio come se non esistesse”, dice determinato. “Bravo - aggiunge Bepi, infaticabile presidente-skipper di Base Italia onlus che da anni accompagna in barca a vela ragazzi ciechi, down, con disagio psichico o sempliciamente affascinati dal mare - e se torna mandala a quel paese. Anzi diccelo che la mandiamo tutti a quel paese”. E lei se ne è andata.

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