...il vento, le onde e le montagne, sono sempre dalla parte dei navigatori e scalatori più abili.



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Quarta settimana                     Viaggio  Diario  Press  Scrivi

3 dicembre - Più di metà oceano alle spalle

14° 59' Nord 44° 45' Ovest

Un aliseo un po' svogliato continua a spingerci verso ovest. Oggi abbiamo visto poco sole. Facciamo dribbling tra i "groppi", formazioni nuvolose che si addensano nel mezzo del nulla e scaricano brevi ma torrenziali acquazzoni accompagnati spesso da forti colpi di vento. L'acqua ha un po' rinfrescato la temperatura dell'aria che, specie nelle cabine, è torrida. Per il resto sapere che oggi sia domenica su Margaux è solo un fatto statistico: qui le giornate fluiscono uguali, annullandosi l'una nell'altra. Comunicazione di servizio: se Elena ci segue, ti scongiuriamo, fai un'opera di carità: telefona a Roberto o ci impazzisce di nostalgia. Lei e i suoi quattro ragazzi sono la sua ancora di salvezza.

2 dicembre - IN MEZZO all'oceano

15° 07' Nord 42°15' Ovest

Nella notte la barca rolla molto, ma corre: spinta da un vento costante di 20 nodi percorriamo 184 miglia, il nostro record. Oggi il telefono satellitare, cordone ombelicale che ci tiene in contatto col resto del mondo, ha suonato spesso. Ogni volta un sussulto, la speranza di essere chiamati. Ogni volta Pier mormora: "spero sia mia mamma", ma già da qualche tempo rimane deluso. Chiama invece il compagno di Chiara e pochi istanti di quella voce storpiata dal satellite rendono la nostra compagna ancor più dolce e disponibile del solito. L'ultima telefonata è sempre per Bepi: è l'appuntamento, regolare come l'apertura della borsa di Wall Street con Carla. Quando il paracadutista e skipper sopravvissuto a mille folli avventure di cielo e di mare si scioglie in un "Ciao Carlottola, come va amore?" ci sentiamo tutti meglio.

1 dicembre 2006 - IN MEZZO all'oceano

15° 26' Nord 39° 07' Ovest

Un messaggio in bottiglia consegnato all’oceano e un vero party oceanico - con bibite ghiacciate, dolci, musica dal vivo e balli sfrenati - celebrano quota 1263. Questo pomeriggio il gps di bordo ha sentenziato infatti che mancano «solo» 1263 miglia alla meta, poco più di 2000 km. Significa che abbiamo superato metà della rotta tra Tenerife e le isole Grenadine dove atterreremo alla fine della prossima settimana.

Mezzo mondo blu è alle nostre spalle. Margaux è una barca biblica, gli alcolici a bordo sono solo nei nostri sogni di birre caraibiche ghiacciate. Ma Davide, il capitano, ha voluto celebrare l’avvenimento con tutti i crismi marinari: il primo sorso di limonata è andato all’oceano, il secondo a Margaux, il resto della bottiglia alle nostre gole arse dalla sete e dalla salsedine. Poi, prima di dare avvio alle danze, il nostro comandante ha preso la parola: «Sono orgoglioso di questo equipaggio e ringrazio il mare e la barca. Il nuovo mondo ci aspetta».

Le note profonde del basso di Pierre Burreddu, il musicista di bordo, hanno dato la dovuta solennità al momento. Per Renzo De Stefani, primario del Servizio di salute mentale e Bepi Hoffer, presidente di Base Italia Onlus, queste 1263 miglia percorse in barca a vela da Tenerife (in realtà ne vanno aggiunge 700 della tratta Cadice-Canarie) hanno il sapore di una follia diventata realtà.

Quattro utenti del servizio, due genitori, uno psichiatra e due skipper hanno affrontato una burrasca, lo scontro con una balena, le difficoltà della convivenza su una barca a vela di pochi metri e un periodo così lungo meglio di altri equipaggi.

Le note del basso di Pierre sembrano cantare che nella vita nulla è impossibile. Pierre, un giovane di origine sarde, ha alle spalle un passato difficile: venticinque elettroshock quando era appena un ragazzino, due anni in una comunità psicanalitica, poi l’arrivo a Trento. Oggi Pierre è a bordo di Margaux, suona il suo basso autocostruito a sei corde nel mezzo dell’Atlantico, ha ridotto la terapia e guarda al futuro con ottimismo: «In fondo - dice - chiedo solo una vita normale: un lavoro, una famiglia e suonare, suonare, suonare». Dopo aver affrontato mezzo Atlantico, per lui, musicista di talento con il mito di Saturnino, e per gli altri ragazzi di Margaux, tutto è possibile.

Il party oceanico si conclude con il lancio in mare di una bottiglia con un messaggio scritto da Anna Flor, mamma e volontaria alla Casa del Sole: «Io resto a terra - c’è scritto sotto il disegno di una barca - ma per voi sarà comunque un viaggio coi fiocchi, a vele spiegate sulla cresta dell’onda la nostra banca andrà lontano perché insieme si può». All’interno viene infilata anche la cartolina con i riferimenti del sito www.oceanodentro.it. Attraverso la bottiglia, che raggiungerà le coste americane, il viaggio della barca dei folli continuerà anche oltre le 1263 miglia che restano davanti a noi.

30 novembre 2006 - IN MEZZO all'oceano

16° 18' Nord 36° 30' Ovest

Il cibo è una delle ossessioni dei lunghi viaggi a vela. Benché la dieta non sia affatto povera - pasta al forno, tortellini, arrosti, salsicce, vitello tonnato, pesce sono stati alcuni dei nostri pasti - ognuno si trova a fare i conti con le sue fantasie culinarie. Al decimo giorno di navigazione frutta e verdura scarseggiano: sono rimasti un cavolo, qualche melanzana e alcune mele che hanno resistito talmente bene al viaggio da sembrare di plastica. Dunque la fantasia che va per la maggiore riguarda la frutta: appena messi i piedi per terra correremo a fare una scorpacciata di papaya, ananas, manghi, banane e noci di cocco. Per la prima sera si progetta un frutta party. Sul diario di bordo ogni tanto appaiono messaggi del tipo: "Ho voglia di polenta e cunel", qualcuno ha aggiunto "anche cotechino e lenticchie", ma c'è chi si accontenterebbe di "n'a feta de bondola". Siamo tutti troppo abituati a soddisfare qualsiasi nostro desiderio, o forse siamo solo incapaci di accontentarci. In ogni caso per cercare di placare le nostre fantasie culinarie, questo pomeriggio Anita si è inventata un'omelette dolce con le mele dal sapore di casa.

29 novembre 2006 - IN MEZZO all'oceano

17° 13' Nord 34° 13' Ovest

E' il giorno del collegamento in diretta con Caterpillar per il concerto di metà oceano. In verità non siamo ancora arrivati a metà del nostro viaggio tra le Canarie e le Antille, ma necessità di scaletta ci fanno anticipare la diretta. A bordo sale la tensione. Al pomeriggio, sotto un sole torrido, accendiamo il generatore per permettere a Pier di suonare il suo basso e di provare qualche canzone con Chiara che sfodera una voce bassa e molto intensa. In mezzo al nulla vibrano le note sofferte dell'esafono che Pier ha ideato, progettato e costruito da solo. "Cinque anni di lavoro..." ricorda sempre con orgoglio. Cantano "Stand by me" di John Lennon, "Purple Haze" di Jimi Hendrix, provano un brano degli U2 e di Bob Dylan. Alla fine si decide che l'esibizione si concluderà sulle note di Jovanotti "Questo è l'ombelico del mondo...".

Mancano cinque minuti alla diretta quando su Margaux cala un nervoso silenzio in attesa della telefonata della redazione. I tempo trascorre, ma il telefono satellitare rimane muto. Proviamo a chiamare noi, ma il numero è eternamente occupato. Aspettiamo ancora, niente. Delusione oceanica: ormai il programma è finito. Peggio per loro, il primo ed unico concerto oceanico ha avuto solo dieci, fortunatissimi spettatori. Pier suona comunque il suo basso, ("Ha la forma di un'ancora, è stata la mia ancora di salvezza..." ci aveva spiegato quando lo vedemmo arrivare con quel suo bagaglio monumentale) e le note risuonano più tristi del solito. Ma la nostra barca non si ferma. Spinta da una brezza da sud-est, avanza al lasco nell'eterno blu mentre il sole tramonta.

28 novembre 2006 - Dentro l'oceano

18°8’ nord 31°36’ ovest

Margaux corre verso il nuovo mondo spinta dagli alisei, quando un tonfo sordo scuote la barca dei folli. Il corpo grigio di una balena appare a dritta. L’equipaggio non fa neppure in tempo ad alzarsi dal pozzetto che un nuovo colpo arriva dallo scafo. Davide Mantovani, lo skipper, si precipita a poppa. La barca continua a filare spinta da un vento sostenuto e da onde alte come colline. La schiuma dietro di noi si intorpidisce, diventa sporca di sangue. La balena si fa vedere ancora una volta quando la coda emerge dalle acque come un monumento. È ferita, soffre, ma se il nostro pensiero va a quell’animale bellissimo che forse abbiamo ferito a morte, la mente del nostro comandante è rivolta alla barca: «Speriamo che non abbia danneggiato il timone – dice Davide preoccupato –, altrimenti siamo fregati». Ma Margaux sembra rispondere bene ai comandi, continua la sua infinita corsa verso Occidente.

Nel frattempo il mulinello della canna da pesca inizia a fischiare. «Vuoi vedere che abbiamo agganciato la balena», dice Roberto. Ma una trentina di metri dietro a noi vediamo un bel dorado che guizza nell’acqua attaccato all’amo. La concitazione del momento e l’orgogliosa battaglia ingaggiata dal pesce alla fine fa vincere quest’ultimo che riesce a fuggire.

Davide si collega via radio con le altre barche a vela che navigano in questa zona dell’Atlantico e comunica l’accaduto insieme alle nostre coordinate. Poi ammainiamo il fiocco. Dobbiamo fermare la corsa della barca per verificare eventuali danni. Lasciamo un po’ di randa per dare stabilità allo scafo e mettiamo la prua contro vento. «La barca rollerà molto – avverte Davide – nessuno si alzi in piedi perché rischiereste di finire in acqua. Tenetevi ben aggrappati e state tranquilli». Poi, infilata una maschera, s’immerge a poppa per verificare il timone. Emerge qualche secondo dopo e tranquillizza tutti: «Sembrerebbe tutto a posto, probabilmente la balena è andata a sbattere prima contro il bulbo della barca e poi contro la fiancata, lasciando indenne il timone».

«E se avesse danneggiato il timone?», azzarda qualcuno. «Se il danno è irreparabile – replica lo skipper – qui in mezzo all’Atlantico non rimane altra scelta che abbandonare la barca e affidarsi all’epirb. In questi casi la barca a vela deve essere fatta affondare perché risulterebbe un pericolo per le altre imbarcazioni».(Bepi non è daccordo "prima de abbandonar la barca, ghe ne pasa de acqua soto i ponti!)

L’epirb di cui parla Davide è uno scatolozzo giallo agganciato sotto il tavolo da carteggio. È una sorta di angelo custode: unica cosa da non dimenticare qualora si dovesse salire sulla zattera di salvataggio. Una volta messo in funzione, il dispositivo manda via satellite una richiesta di soccorso. Il messaggio viene ricevuto da una centrale operativa in Inghilterra che decodifica i dati della barca in difficoltà e in tempo reale rileva le coordinate del luogo dove si trova la zattera. A quel punto s’individua la nave più vicina, probabilmente un mercantile, che viene inviato sul posto a soccorrere l’equipaggio. Il nostro epirb per fortuna rimane saldamente ancorato al tavolo da carteggio. Il pericolo è ormai alle spalle. La barca dei folli corre a 8 nodi verso ovest che, per chi non mastica gergo nautico, è un’ottima andatura. Il morale è alto anche perché l’incontro ravvicinato con la balena ha dato un’iniezione di adrenalina a tutti. Anche se rimane un fondo di tristezza per quell’animale misterioso che, forse, abbiamo ucciso.

27 novembre 2006 - Dentro l'oceano

20° 01' Nord 29° 08' Ovest

Superata la soglia psicologica delle 2.000 miglia nautiche alla meta. Siamo a "sole" 1848 miglia all'atterraggio, così dicono i velisti, alle isole Grenadine. Lo ha stabilito sua maestà il Gps che veglia sulla nostra rotta, calcola le distanze, ipotizza persino ora e data del nostro sbarco nel nuovo mondo. Meglio non guardare troppo spesso il suo schermo eternamente illuminato altrimenti si rimane ipnotizzati da quei numeri che parlano di rotta, velocità, miglia all'arrivo, miglia percorse, distanza dal prossimo way point. Numeri che scorrono, indifferenti alle nostre ansie, con la lentezza esasperante della sabbia nella clessidra di una sauna. Il Gps dà sicurezza e schiavitù.

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