Seconda settimana Viaggio Diario Press Scrivi
19 novembre 2006 - Santa Cruz de Tenerife (isole Canarie)
28°28’ nord , 16°14’ ovest
Santa Cruz de Tenerife, a dispetto del suo nome da
bucanieri, è una schifezza. La città e' cresciuta in
modo disordinato in riva al mare tra palazzoni a 20
piani, strade ad alto scorrimento e negozi di sigarette
ed elettronica (qui è porto franco).
Pier, Adriano, il primario, mamma Anita e il Grande
fratello decidono di cercare un po' di atmosfera mistica
nell'entroterra.
Il resto della ciurma, invece, rimane a lavare
mutande e magliette, mentre Dabs impazzisce dietro sail
Mail, il sistema che dovrebbe permetterci di inviare
posta elettronica via radio anche nel mezzo
dell'Atlantico.
L'equipaggio della barca dei folli sfoggia le sue abilità montanare conquistando in tarda mattinata - su mezzo rigorosamente motorizzato - la base del vulcano Teide, un cono che svetta fino a 3.718 metri. "Mi sembra di essere atterrato sulla luna", commenta Pier che da oggi sfoggia un nuovo look molto trendy (ieri Chiara ha speso un'ora e mezza nel bagno delle donne per tosare la capa del nostro bassista sardo). La bandana verde e gli occhialoni neri in effetti gli danno un po' un'aria da astronauta.
Adriano invece corre sulla lava "a respirare l'energia positiva di questo posto".
Il primario dorme in auto.
Anita invece raccoglie pezzi di lava per i nipotini.
Grande fratello e' eternamente insoddisfatto delle riprese e si placa solo quando, in una trattoria locale, riesce a immortalare Pier che divora mezzo pollo in 23 secondi e 2 decimi. E poi annuncia soddisfatto: "Ragazzi che buono, sembra il pollo della mamma".
18 novembre 2006 - Santa Cruz de Tenerife (isole Canarie)
28°28’ nord , 16°14’ ovest
Terra! La barca dorme ancora quando il turno di guardia avvista Tenerife. L’isola, su cui incombe un enorme vulcano, è avvolta tra le nuvole. Tutti corrono in coperta per ammirare lo spettacolo più semplice e bello del mondo: la terra che emerge dall’oceano. Costeggiamo enormi scogliere di lava nera. I pescherecci ci salutano.
Appena entrati nel porto di Santa Cruz – un’orrida cittadina piena di palazzoni di cemento - una pilotina ci viene incontro e ci scorta fino all’ormeggio.
Scesi dalla barca, camminiamo come degli ubriachi: non ci ritroviamo più in un mondo così statico.
Appena scesa da Margaux, Chiara si inginocchia e bacia la terra: «Non sono il Papa, ma questo bacio me lo sono meritata».
17 novembre 2006 - Navigazione Cadice-Canarie
29°34’ nord 14°32 ovest
Sveglia col sole. Tutti in coperta per riscaldare un po’ le ossa. Tutti parlano della burrasca. Roberto si è ripreso da due giorni di mal di mare e si fionda subito in cucina a preparare uno dei suoi piatti memorabili. Ormai questo mondo in eterno movimento, dove l’unico punto fermo è il tuo cervello, ci è diventato familiare: mangiamo con il piatto ben stretto tra le mani, il bicchiere tra le cosce e la bottiglia dell’acqua bloccata tra i piedi. Qualsiasi incombenza va fatta con una sola mano perché l’altra serve ad ancorarti, ad una sedia, alla cucina, al gabinetto. Ma dopo i primi giorni in cui sembravamo goffi astronauti nello spazio, ora ci muoviamo tra una presa e l’altra con agilità scimmiesca. E’ proprio vero anche l’uomo di adatta a tutto.
Al pomeriggio cerchiamo di collegarci via radio con “Poderosa”, la barca degli amici di Riva del Garda che ci seguiva ad un centinaio di miglia. Ma la radio resta muta, tra brusii e sibili senza senso. Rispondono invece altre barche per spiegare che “Poderosa” ha subito gravi danni durante la burrasca ed è stata soccorsa dalle autorità costiere del Marocco. Via radio si rincorrono voci secondo cui l’imbarcazione avrebbe addirittura disalberato. Ma per mare girano molte storie incredibili. L’unica cosa per noi importante è che, comunque, a bordo di “Poderosa” stanno tutti bene.
Chiudiamo con una nota di Dabs, il capitano della “barca dei folli”, lasciata sul diario di bordo: «Ottima prova del mio equipaggio, sono passati due giorni di burrasca ma nessuno ha ceduto, non un lamento, mai niente da ridire sulle richieste od ordini del capitano. Grazie ragazzi noi porteremo Margaux ai Caraibi in modo naturale, come se fosse una danza tra le onde di questo nostro océano».
16 novembre 2006 - Navigazione Cadice-Canarie.
31°16’ Nord , 11°21’ ovest
Ci svegliamo sotto un cielo sempre più nero che promette temporali. Mentre la “barca dei folla” dormiva, il turno di guardia delle notte, con gli skipper Bepi e Dabs, ha dovuto fronteggiare raffiche di vento contrario anche di 40 nodi con mare forza sette. Ma è Anita a sorprendere tutti riuscendo a preparare un piatto di ravioli in una cucina dove pare di essere sulle montagne russe. Mangiamo con voracità, segno che la ciurma ha superato il battesimo oceanico.
La burrasca, però, non ci molla. Il vento fischia tra le sartie. Le vele sono ridotte al minimo. Talvolta le onde sollevano la barca facendola saltare come un surf, benché Marguaux sia un surf da 23 tonnellate. Quando lo scafo ricade in acqua provoca un fragore spaventoso, come se avesse incassato un pugno sotto le reni.
Dopo aver superato il centro della perturbazione, che ci ha riversato addosso un paio di violenti acquazzoni, il tempo sembra migliore. L’oceano mostra un viso un poco più mansueto. Alcuni delfini ci salutano nuotando per qualche istante sotto lo scafo, quasi a voler confermare con i loro guizzi che il peggio è passato. Anche i venti sono diminuiti , spirano da nord direzione più favorevole per la nostra rotta.
La giornata si chiude con un magnifico arrosto cucinato da Anita e il sole che, al tramonto, fa capolino tra le nuvole. La burrasca atlantica ormai è alle spalle.
15 novembre 2006 - Navigazione Cadice-Canarie
31°45’ nord 10°47’ ovest
In cabina si sente la barca gemere, saltare sulle onde, fendere con la prua l'acqua come fosse un toro. E' l'altra faccia dell' Atlantico: dopo il sole troviamo nubi e pioggia; dopo le leggeri brezze da nord ora tira un vento impetuoso da sud di 25-30 nodi; dopo le grandi onde che cullavano la “barca dei folla” è arrivato un mare cattivo, con onde di 4 metri che investono e fanno ballare Margaux e il suo equipaggio. Sottocoperta è impossibile stare in piedi, di fuori nel pozzetto bisogna rimanere aggrappati alle maniglie e chi fa il turno di notte deve essere sempre legato. "E' mare forza sei - dice Bepi Hoffer scrutando il cielo a caccia di segnali di miglioramento - ma con questa barca non abbiamo nulla da temere, balleremo un po' e perderemo del tempo perchè siamo costretti a fare bordi di bolina, ma tra qualche giorno arriveremo sani e salvi alle Canarie”.
Mare grosso significa anche mal di mare: chi vi
scrive ha trascorso ore in pozzetto avvinghiato ad un
secchio. Altri sono rimasti sdraiati nelle cabine, con
facce da moribondi. Il fatto curioso è che gli utenti
del Servizio di salute mentale hanno affrontato il mare
in tempesta meglio degli altri: anzi, molti di loro
hanno persino ridotto la terapia per dormire.
Pier dice che gli manca il suo basso e ha il solito
voracissimo appetito. Il fatto di vivere in una sorta di
astronave non gli provoca alcun fastidio: «Io sto meglio
qui che ha casa mia. Pensavo di essere il più debole del
gruppo e invece resisto bene…», ha sentenziato mentre
l’ennesima onda ci faceva scuotere anche le viscere.
Adriano anche nel mezzo della burrasca sta aggrappato
al tavolo a scrivere la sua tesi di laurea su padre
Turoldo.
Davide è rimasto chiuso in cabina a dormire.
Chiara, dopo un primo malessere, si è ripresa bene
tanto da preparare tazze di te per tutti.
Anche il nostro primario di bordo, Renzo De Stefani è
di fatto disoccupato visto che l’equipaggio è in buona
salute, con l’eccezone di Roberto che patisce ancora il
mare.
Trascorriamo ore ad osservare lo spettacolo di questo
oceano rabbioso che da giorni ci circonda: solo onde,
schiuma, e un cielo grigio che quasi si confonde con le
acque.
14 novembre 2006. In navigazione verso le Canarie.
Ragazzi, oggi ci siamo proprio dimenticati il diario
di bordo. L'oceano è accogliente e placido, il sole
tiepido, un tonnetto pinna gialla ha appena abboccato
alla nostra lenza e presto finirà in padella. Pier e
Chiara canticchiano canzoni di Jovanotti e Ligabue.
Il resto della ciurma è appisolato a poppa.
Dabs e il pilota automatico guidano la barca dei
folli attraverso questo mondo azzurro.
13 novembre 2006. In navigazione verso le Canarie.
35 gradi, 48 primi nord, 7 gradi, 22 primi ovest.
Margaux ha lasciato gli ormeggi poco prima delle
nove. Bepi Hoffer ha liberato l’ultima cima che ci
legava al vecchio continente e la barca dei folli è
scivolata via nelle acque del porto di Cadice.
È una giornata di sole tiepido, senza neppure una
nube. L’oceano è placido, dal porto appariva piatto come
il lago di Garda l’inverno quando non tira vento. Invece
appena fuori abbiamo iniziato a rollare, una danza sopra
le onde lunghe dell’oceano che ci accompagnerà per le
prossime settimane: oggi si ballava un lento, ma ci
saranno giorni in cui sarà rock’n’roll. Ma l’uomo si
abitua a tutto: in coperta si cammina tenendo il culo
basso, aggrappandosi a scotte e drizze (guai chiamarle
corde) come Tarzan.
Sottocoperta si procede molleggiati, con balzi da
giaguaro di appiglio in appiglio. Nonostante tutto, per
ora, il temuto mal di mare non si è fatto sentire, se
non sotto forma di una lieve nausea che ha colpito per
qualche ora Chiara e Anita. Ma un pasto leggero, un
pisolino sul ponte di poppa e l’avvistamento delle prime
due balene hanno lavato via ogni malessere.
È il primo pomeriggio quando a prua si vede una pinna.
Poi niente per qualche decina di secondi, mentre tutti
scrutano l’oceano a caccia di un segnale. Ma ecco una
sagoma scura, anzi sono due, sulla sinistra della barca,
che si confondono con le acque. Poi uno schizzo in aria,
come ci volessero confermare che sì, sono davvero una
copia di balene
Tra le emozioni della giornata anche vedere il
primario di psichiatria Renzo De Stefani, che lava una
montagna di piatti e pentole con acqua di mare («ma non
ditelo a mia moglie», si raccomanda), in un cucinino che
ondeggia come l’auto di un ubriaco
Il vento è leggerissimo e dunque si viaggia con vela
e motore: velocità 8 nodi, rotta 220 gradi, dunque
sud-ovest. A questa andatura avvisteremo le Canarie,
ultima tappa prima del grande balzo oceanico tra tre
giorni. Quando scende la notte siamo soli, nel buio
senza fine.
Pierre, al suo primo turno di guardia in coperta, scrive una canzone: «Una nave blu andava verso sud, una nave blu andava verso te, una nave piena di persone che capivano che andar si può nonostante che la sfortuna ebbe un po’ di loro...».