|
Appena c'era vento, se era
possibile andavo a volare, avevo acquisito molta dimestichezza
ad evitare anche i più piccoli rotori di sottovento. D'inverno
in Panarotta si volava solo in dinamica.
Caricavamo
sul "gatto delle nevi" 5-6 delta e ci portavano in cima. In
tre tenevano il delta e si partiva in salire, si doveva tenere
il costone senza alzarsi troppo altrimenti il vento ti spingeva
indietro e finivi sottovento ma nemmeno troppo poco e virare sui
dossi meno alberati dove il vento era meno frenato. Qualcuno
meno abile decollava e direttamente dirigeva verso valle dei
Mocheni anziché mantenere il crinale che poi ti portava verso Pergine; ben presto usciva dalla dinamica del vento creata dal
pendio e si trovava di fronte il vento laminare che non lo
faceva avanzare; abbracciava gli alberi e con l'aiuto degli
addetti alla seggiovia recuperava i pezzi. Roberto invece si
sentiva troppo vicino al costone, il suo "90tone" era meno agile
ed efficiente dei nostri; appena superata la cresta si diresse
in favore di vento verso Levico; l'attraversò a gran velocità ma
poi trovò il sottovento, composto da invisibili rotori d'aria
molto pericolosi. Ero sufficientemente in quota per vedere tutto
il suo volo...quel giorno di forte vento, l'aria era
relativamente più calda meno densa, chi aveva il delta adatto
poteva salire di più restando in sicurezza; il suo aquilone
s'impennava, picchiava, veniva sballottato in tutte le
direzioni, pregai per la sua salvezza, sperando nella resistenza
della vela. Tutto è finito bene, Roberto ci ha poi confessato di
aver vomitato parecchio durante il volo. Ricordo, diversi anni prima
sempre nella stessa zona, "Paolo flacia", tipo sveglio e
coraggioso, il primo a mostrare a me e Fabio - in quel di
Folgaria - come si vola; non possedeva il deltaplano ma
tanta passione, così trovava sempre qualcuno che gli prestasse
un "ferro da stiro". Si era agganciato troppo avanti o troppo
indietro dal
baricentro, fatto è che dopo il decollo arrivato a 1000m. sopra
il bosco subiva una piccola turbolenza, il delta assumeva una
posizione picchiata (bandiera) ove si crea una egual pressione
nella parte "superiore" e "inferiore" della vela. Solo gli
"antidrappo" avrebbero potuto salvarlo ma non li aveva. Gli
alberi attutirono il colpo e si fratturò tibia e perone.
All'ospedale non riusciva a chiudere occhio che gli venivano gli
incubi...andò claudicante per anni anche perché non dava mai il
tempo ad una delle due ossa di saldarsi.
Andai a volare a Corvara e lì comprai un moderno imbrago con il
paracadute d'emergenza incorporato; un salto di qualità
psicologica senza uguali. L'anno successivo vendetti al Carlo il
mio amato IK500; si era fissato sulla pancia un'emergenza di
paracadutismo che gli impediva di correr bene; in Panarotta,
poco sotto il decollo c'era un abete bianco, con l'IK500 se non
c'è vento devi correre molto...lì è rimasto appeso lui, IK500 ed
emergenza ma faceva parte degli incerti del mestiere. Volavo
orgoglioso del mio nuovo CHICLON, imbattibile in termica,
veloce, bello ed elegante nel volo. L'angolo delle ali era di
140°, in virata spingevi nel trapezio e con la coda dell'occhio
vedevi questa lunga ala puntata verso terra che ti sostiene.
All'estremità aveva delle alette forate che fischiavano nella
fase di "prestallo" ma questa era una stupidata. Ovviamente
era sensibile e mi dovetti scordare i colpi il vento che
affrontavo con il 500. In compenso iniziai dei voli a largo
raggio mai pensati prima ove il riferimento era orografico,
adesso era anche riferito alla via tracciata dalle nubi
|
RELATED LINKS
I MIEI SPORT DELL'ARIA
|
ALTA
QUOTA
Paracadutismo in montagna con atterraggi in
vetta |
MANUALI
Web
Master
-
bepi.hoffer(@)baseitalia.com
|