...il vento, le onde e le montagne, sono sempre dalla parte dei navigatori e scalatori più abili.



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La restituzione serale condensava a bassa quota

 

In un normale volo serale

Da tempo un tranquillo volo serale mi dava sufficiente soddisfazione. Era necessario capire quando e dove si staccava dal suolo la massa d'aria calda al calar del sole. Diverse componenti determinavano delle variabili da intuire: l'inversione serale delle brezze, una condensazione in quota che varia la temperatura di una zona anzi ché un'altra, la pressione della giornata e il gradiente termico alle varie quote.
Quella sera era particolare, le nubi stavano coprendo tutta la valle e la Cima Panarotta, luogo di decollo, svettava almeno trecento metri al di sopra delle nubi. Da Pergine, con la macchina, salimmo velocemente in due verso la cima, con l'altimetro misurai lo spessore tra la base e fine nube. Rilevai un'altezza di circa 150 metri. Avremmo avuto sufficiente  quota per volare verso in centro valle e il volo in nube sarebbe durato poco. Decollai per ultimo. Mi resi subito conto della veloce diminuzione di quota, comunque mantenni una direzione perpendicolare alla montagna. Il mio compagno diresse verso il "Compet" finendo subito negli alberi. La nube era più densa del previsto, visibilità zero. La mia concentrazione era dedicata a mantenere una velocità costante e ad osservare i segnavento regolandomi per la direzione. La permanenza in nube era andata ben oltre le mie aspettative, cominciai a temere di oltrepassare la valle giungendo sui pendii rocciosi del "Pizzo di Levico"...delegai Dio a tener conto della mia sorte e dei miei figli ancora piccoli e aspettai con fatalità. Il "clacson" di un'automobile scosse i miei sensibilissimi sensi, mille pensieri in frazioni di secondo, guardo in verticale, intravedo tra la nebbia, sfilare una strada bianca, poi guardo in avanti, la nebbia diventa più scura.  Accade tutto in pochi secondi. Scorgo il bosco sempre più nitidamente, un tappeto di cime di abeti. Appena il tempo per stallare cercando di appoggiarmi sopra. Mi sento strattonato,  involontariamente si chiudono gli occhi, improvviso vuoto nello stomaco, poi l'imbracatura mi sostiene di colpo e rimango appeso a pochi centimetri da terra. La punta del piede a monte ha toccato terra indolenzendo il muscolo. Mi libero dall'imbrago: sono salvo. Vedo solo alberi, Povero Chiclon ma la ditta Austriaca l'ha timesso a nuovoscendo il pendio, devo guadagnare in fretta la strada bianca prima che faccia buio. Qualcuno risponde ai miei richiami, capisco dove sono, non troppo lontano dal mio  compagno che trovo incolume anche lui. 

LA CANTONATA

Da anni avevo passione per la meteorologia, confrontavo sempre le mie convinzioni con quello che in pratica trovavo in volo. In questo caso non avevo pensato alle cose più elementari: l'inversione termica che determina il limite superiore della nube e la termica che invece la produce. Di fatto appena dopo il decollo la discesa verso il manto nuvoloso è stata veloce ma appena entrato al suo interno trovavo l'ascendenza che oltre essere causa della condensazione  mi manteneva a quella quota. Una cosa strana: ho mantenuto una linea retta verso valle per poi rientrare con un'altra retta verso la montagna. Credo sia stato bene scegliere di non picchiare il delta per uscire dalla base, primo per non perderne il controllo, poi questa ipotesi l'avevo valutata dopo troppo tempo che volavo alla cieca. In seguito per andare in nube si usava la bussola.

IL FATO

Dopo l'azione di stallo, l'estremità dell'ala destra toccava una cima. L'allungamento del delta, l'apertura alare e l'angolo a 140° qualità essenziali per sensibilità e prestazioni, ponevano in un momento l'ala sinistra verso terra penetrando tra gli alberi come una lama in caduta libera. L'ala toccando terra si spezzava, raddrizzando il delta, così il trapezio finiva sulla parte superiore di una roccia fatta a cubo, mentre il mio corpo la sfiorava lateralmente mettendo in trazione la fettuccia che mi teneva appeso all'aquilone. Mi sono convinto che non bastava avere fortuna ma era opera del mio angelo custode.
In dieci anni di volo è stato il mio unico incidente, intendo dire: per capacità, per fortuna ma anche per rispetto della natura e della vita. Nonostante tutto, questo è successo...